venerdì 5 febbraio 2010
Lo spirito della palestra
La ragazza è sveglia e ben fatta. Ha un completino nuovo e si dà da fare. Oggi ha eseguito 4 serie da 12 movimenti con la Leg Curl, 32 ripetizioni per i glutei, qualche esercizio per le braccia e ben 37 minuti tra Cyclette e Tapis Roulant. Ora è seduta sulla panca. Si riposa o riflette. Forse vuole piangere. E’ in formissima e quei tipi palestrati le piacciono. Ma non riesce a scambiare due chiacchiere con loro. Sono già parecchie volte che chiede aiuto all’istruttore per attaccar discorso. Ma quello le guarda solo il sedere, tondo e bello. Non c’è verso di farli ragionare. Le sue fantasie le impongono di richiedere un minimo di conversazione prima di andare a letto o sul sedile posteriore. Niente cenette, ma almeno qualche scambio di battute. L’istinto materno le dice che dovrebbe correggerli. Nell’impossibilità di impartire loro una vera e propria educazione sentimentale sta pensando di doverli per lo meno stimolare. Si accontenterebbe di qualche commento sentito, fatto anche alle spalle -non al culo. Frasi di incitamento o di invidia, gelosia o persino scherno e minacce, purché più articolate dei mugugni da sforzo. Basta poco per farla felice. E’ decisa ad esserlo. Si guarda attorno nella Sala pesi e cardiofitness. Subito individua la cavia grazie a cui sperimentare il suo nuovo approccio. Un vecchietto infatti sta pedalando in scioltezza «sullo Spinning» all’angolo. Lei si avvicina e si mette a fare stretching con il fondoschiena rivolto verso di lui, a pochi centimetri dall’asta della bici. Due uomini simili a Mastro Lindo e Johnny Bravo iniziano a osservarla. Potrebbe funzionare. Lei allora fa finta di non saper regolare la panca smontabile per i dorsali e chiede aiuto al vecchio che ha finito il suo esercizio. Quello gentilmente la accontenta. E lei coglie la palla al balzo per attaccar bottone: “Signore, che dobbiamo fare pur di stare in forma, eh!?... Ma anche lei si mantiene bene: complimenti!”. Conclude così la fase dell’aggancio, cercando di tener dentro la risatina naturale nell’osservare quei bicipiti flaccidi. “In realtà io non cerco di restare in forma” risponde il signore, che continua dicendo: “Io sto solo scaricando tutte le mie energie in eccesso”. E lei: “Perché? Si stanca molto durante il giorno? Che lavoro fa?”. “No”, dice l’uomo alla ragazza, “non ha capito. Io sono un catalizzatore di ectoplasma”. “Un «cosa»?”, le scappa a voce alta e stridula. I due Macho Man stanno di certo già commentando la dinamica di quell’incontro. E forse i loro neuroni danno segni di reazione. La vedono attenta e stanno meditando un piano semplificato per conservare la leadership delle sue attenzioni. Il vecchiotto intanto le dà una spiegazione en passant: “E’ una figura meno abusata ed estemporanea del medium. Più che altro una passione continua. Ci nutriamo di contatti”. Lei appare confusa e si piega per ascoltare o svenire; comunque mostrando la scollatura abbondante. I due voyeur fremono di nervosismo. Lei non sa se continuare con la sua strategia o osservare per un altro po’ quell’essere così assurdo e distaccato. Le sembra che il sudore di lui esca come vapore giallo-verdastro, come anime, illuminazioni brodose: è forse in preda ad allucinazioni da sforzo? Viene ridestata dall’intervento dei salvatori palestrati. Hanno finalmente pensato a qualcosa. Fanno un fischio a un altro loro simile e propongono al vecchio una sfida. Sollevamento pesi. Per schiacciarlo. Quello si gira e, senza guardarli, accetta! “Ma dovete sapere che non state sfidando me” sono le sue parole pacate e inascoltate, prima dell’inizio dell’esibizione. 160 Kg il primo. 108 il secondo, che si stira pure. 180 ne solleva il terzo, la cui massa sprizza orgoglio da supereroe. Si girano verso l’anziano, pronti a deriderlo, tutti. Il capobranco immagina la ragazza nuda sotto la doccia che lo incorona vincitore. Il signore, con calma olimpica, svuota due bilancieri; poi si sdraia a terra incastrandone uno tra i piedi e tenendo l’altro con le braccia, mentre i tre sogghignano. La ragazza rimane distante, perplessa. Il vecchio fa tre sospiri, poi inizia a ruotare dolcemente sul dorso, come una tartaruga rovesciata ma pur sempre saggia. Gli sghignazzi salgono di tono. Poi in un baleno cambia tutto. Le immagini sembrano confuse, ma non lo sono. Repentinamente -ma non bruscamente- l’uomo allunga gli arti e di conseguenza le aste metalliche, fino ad incastrarle nelle macchine della sala. Fa pressione e quei marchingegni si muovono. Si inclinano cigolanti e vanno a toccare le altre attrezzature. Un effetto domino circolare invade la stanza. Il perno centrale umanoide controlla il movimento di tutti i macchinari che si smontano o srotolano. Le corde di ferro si avvolgono ai piedi dei ginnasti e ai loro bilancieri carichi, tutti sollevati e resi parte della giostra. Il vecchio è grigio, fluorescente, serio. Occhi chiusi, tendini lassi e furore divino. Tutto lo stanzone vive, forse il mondo, grazie a stimoli terreni e forze dell’aldilà. Magia, illusione, prova. La bella indietreggia, piazzandosi dietro la vetrata immancabile in ogni palestra. Osserva a bocca aperta quello spettacolo, mentre le ritornano alla mente piccoli flash carpiti anni addietro nelle lezioni al Liceo Scientifico. L’insegnante farneticava riguardo a miraggi chiamati Anime, Intelletti Agenti, Forme, Eidola, Demoni. Ora le appaiono dinanzi in tutto il loro fulgore amorfo: i percorsi di Plotino e dei suoi genuini infedeli seguaci, le dispute tra savi medievali, le interpretazioni arabe che si concatenano all’infinito, le rigogliose accezioni del Rinascimento. Esalazioni, potenze anti-peso, estasi. Sorride pienamente. Si accoccola contro il vetro e lo bacia delicatamente. Sì, adesso ne è certa. Questa è la persona adatta a farle provare l’amore.
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