lunedì 4 gennaio 2010

Le fantascienze arriveranno; ovvero come le maestranze possano trasformare le autonomie in automi

Finanche Pasquale, dal suo nido verde, circondato da buoi e vestali nude, idillico e atemporale, capì che non si trattava di una semplice guerra.
Ci aveva riflettuto. Da non crederci.
Aveva ripensato all'ultima volta in cui aveva dato un'occhiatina alla TV. E gli era bastato. Sì, chiaro, le tette di Miss Italia e di Roberta Capua -finalmente tornata alla ribalta- non gli dispiacevano davvero, ma aveva deciso di dichiararsi pensatore. E di fare di tutto per convincersene. Un immortale, unico Highlander delle pianure, questo desiderava essere. I Foggiani in primis e poi facilmente tutto il mondo avrebbe capito la sua scelta. Così nell'autunno 2012 aveva cominciato a sbirciare nelle chiappe dei suoi capretti e a volte persino di piccioni. Aruspicina, futuro e "io so" erano diventati il suo pane quotidiano. Dal suo paradiso minuto rendeva servizio all'umanità. Sbucciava conoscenza. Se avesse avuto realmente qualcuno interessato a cui trasmetterli, i suoi vaticini sarebbero stati tradotti in notizie così terribili da far perdere il sorriso anche al cane Muttley delle Corse Pazze della Hannah & Barbera, tanto erano cupe e senza speranza. Se ne rendeva conto, ogni giorno di più.
Quella mattina, soleggiata ma umida, a pochi mesi di distanza dall'inizio della sua attività di chiaroveggente, il buon vecchio Pasquale aveva trovato a portata di mano soltanto una talpetta e aveva preso a osservare i suoi piccoli intestini. Per vedere se qualcosa cambiava in meglio. Tra l'altro solo Pasquale era in grado di "vedere" attraverso una cazzo di talpa, povera orba malcapitata. Ma lui aveva il dono. Ed ecco quel che vide.
Facendosi spazio, leggermente e delicatamente, tra l'intestino crasso e quello tenue dell'animale morto iniziò a scorgere qualcosa. Il vuoto interintestinale pian piano divenne una gola di montagna. Le budella inferiori, sinuose e soffici, sotto la pressione di pollice e medio sfumarono lasciando spazio a dune sabbiose. Con poche orme ma migliaia e migliaia di anni. Il vento, alzandosi, sferzò quel che rimaneva della valvola del piloro (della talpa), ormai trasmutatasi in una sorta di astronave color ocra che svanì lucida e silenziosa, come un miraggio all'interno di un sogno. La mente di Pasquale seguì le sue dita immergendosi in quella visione morbida e fugace. A tratti sbiadita, come è giusto che sia.

Era una terra lontana. Impervia, ancestrale, impossibile. Seguendo la danza delle correnti d'aria si attraversavano deserti di pietre glaciali e montagne dall'ombra rovente. La neve cadeva a bossoli ma l'acqua era così poca che le sorgenti parevano culi con emorroidi.
Era l'inferno? Ma no! Questo posto era abitato!
Deglutì, l'osservatore, ateo e sempre più accigliato. Sotto la terra, infatti, scorse tane da roditori con gallerie kilometriche che percorse come uno spirito. Incontrò guerrieri con turbante e barba, vegliardi con la barba, bimbi col turbante, bambine senza turbante né barba ma con una tunica che le copriva dalla fontanella all'alluce, donne nude ma solo negli anfratti più bui. Qui la sua proiezione sfrecciante rallentò un po' di più. Udì la loro organizzazione in arabo, la loro religione in arabo e violenze nella stessa lingua. Ebbe un'interferenza della vista...
e una città si aprì dinanzi. Era da un'altra parte ma nella stessa regione, nella stessa visione anticipatrice. Luce e stormi di pietrisco. Case-macerie e macerie-case. Odore di arrosto ricotto, lividi e terra cartilaginea. Rumori liftati di sandali, intervallati da clank di caricatori e trappole. Collina e giù un boato attutito.
Arena. Combattimento tra cani. Quindicimila spettatori levigati dall'afa.
Il mullah stava per decretare il vincitore. Alzò il dito, su, su in alto, per la benedizione.
Solo allora Pasquale notò l'altro mondo, nell'aria. Il cielo, al di sopra della poltiglia creata da terra e nuvole, era grigio splendente. E popolato. Decine -forse centinaia- di mezzi aerei saettavano in formazione come freccette sparate da una Gatling. E bombardarono quasi all'unisono.
Enormi sculture di polvere sembrarono innalzarsi dal suolo, danzanti per l'impatto dei missili. Si mescolarono alle anime delle donne d'Occidente rapite e trucidate lì nei paraggi. In nome di Dio. Gridavano vendetta.
La nube sparì. Metà anfiteatro improvvisato spazzato via. Canidi e umanidi stecchiti. Gli altri, i vivi a sedere, impassibili, come se non fosse successo nulla. Sembravano indistruttibili perché vuoti, zomboidi, o comunque sopravvivi più che vivi qualunque. Il mullah dunque abbassò di scatto il braccio e un nuovo combattimento prese inizio. Un carretto meccanico che imitava un cingolato affrontava una scimmia con la rabbia. Uno goffo, l'altra isterica. Battaglia dei generi o sui generis. Differenze duellanti, mentre una risata comune rese la fossa desolata e agghiacciante.

Dall'altra parte, intanto:
-Signore, signore, yuppiiieeee!!! Li abbiamo beccati, hia-hahha! Ne abbiamo fatti arrosto una montagna nell'ultimo attacco. Doveva vedere le loro barbe, signore: sembravano arrotolate e ancora sbruciacchianti come i sigari di quell'altro rotto in culo -il comunista- che ci ha dato rogne, nel secolo passato, dalla sua baia vicino alle nostre coste!-
Il maggiore alzò gli occhi dal tavolo trasparente, si avvicinò al soldato e gli spolverò una spalla, facendo cadere miniparticelle di detriti cartacei dalla sua tuta in poliestere; mentre lo guardava come si guarda l'essere più idiota e spregevole sulla faccia della terra. Dopo i taliban, ovviamente.
-Ottimo lavoro soldato-, disse.
Pensò a come tutti i suoi uomini sapessero usare i nuovi computer o fossero addestrati a planare, disintegrare e persino tagliarsi rapidamente la carotide se, colpiti, capivano di cadere in mano al nemico. Ma pochi di loro sapevano che i nascondigli sotterranei sfornavano più figli di quanti loro riuscissero ad ucciderne, con le armi al plasma e i laser di ultima generazione.
Gli venne voglia di uscire in battaglia a torso nudo e urlante, per dimostrare il suo coraggio e la sua virilità antitecnologica a quelle mostruosità sottomesse ad Allah.
Ci pensò su qualche istante. Poi corse a sfogarsi palpeggiando il costume in latex della sua formosa inserviente, munito di bandiera a stelle e strisce sopra l'inguine e degli obiettivi militari da studiare stampati nei punti erogeni. Era pronto per un nuovo attacco.

Le battaglie continuarono e con loro turbanti e propulsori supersonici, stendardi e mutilazioni, pornodive in divisa e cani da giochi pubblici, velocità e indifferenza.
E le barbe crebbero a ripetizione concimate dalla parola di Dio e le astronavi continuarono a mitragliare fiere della loro invisibilità.

-No, di certo non si tratta della solita guerra- commentò l'eterea proiezione di Pasquale, ora risalita ai margini di quel mondo a venire.
In fondo in fondo aveva ragione: non esistevano nemmeno schieramenti capaci di potersi fronteggiare.
I nemici non erano tali. Erano qualcosa di più, qualcosa di molto molto peggiore. Erano rotaie fredde senza le necessarie traversine. Estraneità. Mali incurabili perché vuoti. Erano lo Zenit e il Nadir. Erano due futuri inconciliabili: la Robotica e il Post-Apocalittico. Erano fantascienze possibili purché tenute debitamente a distanza.
Così quel mondo, scrutato in lungo e in largo, ora appariva come una biglia marrone e blu. Tagliata di netto dalla classica striscia bianca, del distacco, della mediocrità, dell'apatia, ipocrisia e quotidianità. Era un micromondo rotolante ma pur sempre uguale, indelebile, un gioco da poppanti tristi.

Pasquale alzò lo sguardo, perso e impotente, come ogni volta che guardava lì.
Aveva iniziato a leggere il futuro perché voleva anticiparlo, in un certo senso modificarlo per aiutare, o per lo meno isolarlo per vivere in un presente tranquillo.
Beh, non c'era riuscito.
Così pensò bene di ripiegare sulle vestali, nude e bellissime, prima che anche il suo piccolo Eden si divaricasse come un ventre di talpa tenero e giovane al passaggio del bisturi.
Sapeva che il futuro non perdona: figuriamoci quando sono in due a volerti, vicini, divergenti, implacabili.
Per fortuna l'edonismo è una droga straordinaria e naturale.
Si avvicinò allora alle donne, deciso ad abbandonare la sua veste di saggio e a regalare loro un mezzo minuto indimenticabile.

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