lunedì 13 aprile 2009

L'elixir di LZ

Serata dei quarti di finale di Champions League.
Aspettiamo che arrivi LZ a casa per cenare insieme. Ha detto di avere una sorpresa per noi. Ansiosi, l'attendiamo quasi più del calcio di inizio.
Il profumino anticipa di un soffio il suono del campanello.
Apro io.
Un vassoio di vetro appannato mi fa dimenticare il rito della sciarpa e dell'album con i francobolli dello scudetto 2000-2001 che strofino sempre sul plasma lucido in queste occasioni.
Lo chef premette varcando la soglia: "L'ho portato perchè so che probabilmente perderemo. La squadra è a pezzi. Non hanno fatto entrare i nostri tifosi per i soliti falsi pretesti. Quello che Gianmarco sta portando in cucina forse ci aiuterà a tirare su il morale: è asado argentino, la mia specialità". E intanto posa al centro della tavola un barattolo per pelati contenente un liquido giallastro. Accorgendomi del gesto spavaldo e della posizione privilegiata concessa all'oggetto di vetro, chiedo: "Cos'è? Sembra importante".
"E' fondamentale. Chimichurri. Fatto secondo la ricetta argentina tradizionale. Senza il chimichurri l'asado è una normalissima bistecca di manzo. Tutto qua", mi spiega brevemente LZ e inizia a cantare a squarciagola l'inno della Roma.
Io rimango tramortito più dalla risposta che dal successivo comportamento plateale. Quel "tutto qua" dice tutto proprio perchè non significa niente. "Vuole cambiare discorso", penso, "proprio perchè non vuole rivelarmi altro riguardo al misterioso chimichurri. Ma non finisce qui. Non mollo. La partita è appena all'inizio".
Punizione per la Roma. Tira Totti. Fuori. Arrivano i piatti con l'arrosto della pampa, fumante.
Aspetto la fine dell'azione successiva per assaggiarlo...
"Madonna Santa, è morbidissima per essere una bistecca! E speziata. Deve essere merito del chimichurri". Penso di aggiungerne altro dal barattolo a centro tavola, ma continuo a mangiare. I miei occhi passano velocemente dallo schermo alla forchetta e poi al viso soddisfatto di LZ.
La partita entra nel vivo: sento in sottofondo i fischi dei tifosi e vedo in primo piano il cranio calato dell'allenatore, ma non mi interessa.
I miei pensieri si muovono in lento disordine, come se assaporassero anche loro bocconi di cui non comprendono la provenienza.
Sto pensando al particolare stile di corsa degli arbitri: mi chiedo se la loro palese scoordinazione sia volontaria, cioè se venga usata come segno distintivo più efficace delle loro ridicole divise fosforescenti. "E' di sicuro così", borbotto mentalmente, "devono averli scelti o educati ben bene per ottenere questa caratteristica tipica della categoria: i corsi federali devono servire primariamente a questo".
Vedo gli ultras che si fanno i gestacci da una parte e dall'altra dei divisori in vetro, i poliziotti che li controllano dando le spalle al campo, il presidente e la moglie entrambi al telefonino, i pastori tedeschi della polizia che guardano il prato verde senza emozionarsi. Sembrano finti. Forse lo sono tutti nello stadio. Sarà un pubblico fasullo piazzato dalla tv satellitare per non cancellare del tutto la cornice di folklore intorno alla partita. Ma non è importante. Ciò che conta è il sapore. Dell'asado, chiaro.
L'unico che segue attentamente la partita è LZ: sbraita, impreca, si morde le mani. "Fa finta. Vuole evitare altre domande scomode sul condimento miracoloso", ne sono certo.
Nessuno però pensa minimamente di rivolgergli quelle domande interrompendo la catena di bocconi. Continuiamo a mangiare.
Squilla il telefono. Mia madre svogliatamente risponde. Mentre continuo a rivolgermi domande inutili, mio padre, scosso dal telefono, sceglie invece quella giusta e la pone a LZ: "Ma questo chimichurri come si fa? E' difficile?".
"Sì" è la risposta, seguita da un risolino difensivo.
"Ora finisce il primo tempo" continua papà, estraendo dalla tasca della camicia carta e penna, sotto lo sguardo di felice approvazione di mamma.
E al seguente duplice fischio aggiunge un "Sono pronto" che accentua ancora di più l'espressione nauseata di LZ.
Così intervengo io, senza pietà: "Sì, sarebbe bello se ci rivelassi la ricetta. Potremmo continuare la tradizione in famiglia, come in qualsiasi albero genealogico che si rispetti. Dài, dàiii".
L'accerchiato prova a ribellarsi, ma cambia subito idea, forse osservando la mia lingua ormai gocciolante. E cede: "OK. Allora prendete olio, aceto e acqua bollente: un terzo, un terzo e un terzo; mi raccomando, dovete essere precisissimi nel dosaggio e riempire la bottiglia fino all'orlo altrimenti potrebbe scoppiare mentre macera o comunque non otterreste il risultato sperato. Poi aggiungete due spicchi d'aglio e una manciata di peperoncino, scalogno, prezzemolo, paprika, alloro, origano, sale e pepe".
Ce l'abbiamo fatta.
La ricetta è nostra.
Mio padre sta certamente meditando di sperimentare la pozione di notte, da solo, in modo che tutti, quando di giorno rifiuterà un piatto fumante di amatriciana, possano pensare: "Che cinquantenne modello, fa di tutto per tenersi in forma. I suoi kili in eccesso devono dipendere dalla sua costituzione e dal normale sviluppo lipidico addominale maschile. Poverino, non riesce ad evitare di ingrassare, ma si impegna, è da elogiare".
Mia madre invece ha gli occhi chiusi a fessura, furbi, come se stesse pregustando la sua personale vendetta sulle sue amiche: adesso ha anche lei un segreto da svelare lentamente, a pezzi e mai completamente, in modo da cuocerle a fuoco lento, da tenerle in pugno, per una volta.
Sentendo le proporzioni così impeccabili finalmente rivelate da LZ affiorano in me sempre più nitide immagini relative ai miei studi di filosofia medievale: cerchi squadrati, i quattro elementi antropomorfizzati, incastri di geometrie figurate, ma anche alambicchi e vapori, numeri simbolici e allegorie colorate, fino a che non mi appare, in quella nebbia ormai rada, la figura di LZ in tutta la sua saggezza... di alchimista. "LZ è un alchimista", accenno tornando in me con un sorrisetto ingenuo dovuto alla visione che non fa che nobilitare le conoscenze culinarie da noi acquisite pochi istanti fa.
Mi crogiolo su questa idea. Mi piace talmente tanto da non dare peso all'LZ che mi trovo davanti, intento a strapparsi i capelli perchè l'Arsenal ci ha segnato il gol-qualificazione.
Quando ci abbraccia forte prima di andarsene singhiozzando perchè la Roma è fuori dalla Coppa penso che l'enfasi sia un bluff ma che volente o nolente quell'abbraccio sancisca il nostro ingresso definitivo nella cerchia dei custodi del segreto del vero chimichurri.
Felicissimo per le scoperte serali, vado a letto.
Mi rotolo un po', scodinzolando tra le lenzuola, e sto per prendere sonno quando alcune cifre mi fanno aggrottare la fronte contro il cuscino: "Un terzo più un terzo più un terzo fa tre terzi, cioè un intero: ossia tutto il barattolo se riempito fino all'orlo come stabilito. Non c'è più spazio per immergere tutta quella compagine di spezie. Gesù Gesù, i rapporti non sono esatti! Sono imprecisi! O comunque aperti all'interpretazione, cioè discutibili!".
Sollevo leggermente la testa e sgrano gli occhi riprovando il conto.
Non va! Non va? Non va.
Immagino che LZ si sia ormai barricato in casa per non essere più stuzzicato. Che non lo rivedremo per molto tempo perchè la Champions per noi è finita. O che forse abbia già fatto le valigie per scappare e conservare il segreto. Ma queste possibili evoluzioni della vicenda sono solo supposizioni insonnolite.
Quel che è certo è che per ora LZ ci ha fregati tutti.
Che ad oggi è lui il giusto boss. Il maestro. E' lui il vero e unico custode.
E così sia.

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